Asia ha 35 anni, divide la sua vita tra l’impegnativo lavoro di infermiera, la ricerca di qualche soddisfazione affettiva e la figlia adolescente, Vika, affetta da una malattia degenerativa. Le condizioni di Vika peggiorano rapidamente e in modo inaspettato e per Asia è necessario affrontare la nuova prospettiva in modo diverso rispetto a quanto fatto finora.
Il film di Ruthy Pribar affronta senza pietismo la durezza della malattia e i suoi risvolti sulle persone coinvolte che sono chiamate ad affrontare qualcosa di inaspettato e rivedere la vita almeno come vissuta sino a quel momento. Non è un caso che Pribar ricorre spesso allo specchio dove ritroviamo spesso le immagini delle due protagoniste chiamate al confronto intimo che è prima di tutto con loro stesse. Allora la malattia diventa il momento giusto per recuperare insieme le loro storie, e far emergere l’amore che le lega. Ed è grazie all’amore che tutti i protagonisti possono andare avanti, ognuno impegnato in una dura battaglia nella vita; il contatto più vicino col sentimento amplifica le sofferenze e allo stesso tempo da loro un senso e per tutti è richiesto del coraggio per viverlo.
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