Leonardo Di Costanzo segue degli adolescenti in un quartiere popolare di Napoli. Sembra attendere che un evento dia senso e forma alla sua osservazione partecipante. In particolare si concentra su Antonio, ragazzino che sembra essere più problematico di altri che invece sembrano aver già cominciato a costruire la loro dimensione interiore. Ma Antonio si stanca di partecipare e interrompe le riprese. Di Costanzo mette da parte il lavoro incompleto fino a quando 8 anni dopo, Antonio lo cerca per chiedergli di tornare a filmarlo, stavolta in occasione del suo matrimonio. Il racconto prende forma, e con la voice over dello stesso autore fornisce uno spaccato poetico di una parte di vita di un gruppo di ragazzi, con la proiezione nel futuro delle loro vite. Mi è piaciuto questo documentario proprio per la possibilità che il regista si è data, scegliendo di attendere e valorizzare proprio l’attesa come elemento fondante della narrazione, rispettando prima la volontà dei protagonisti di chiudere e poi di riaprire per dare un senso definito alla storia.
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