Lacci di Daniele Luchetti
il rapporto difficile con la memoria

Il menage coniugale di Aldo e Vanda, coppia con due figli ancora piccoli, viene sconvolto dalla notizia che lui, presentatore radiofonico a Roma, ha una relazione con una collega, Livia donna giovane e avvenente.
Dopo un primo momento di rabbia Vanda, tenta in tutti i modi di riportare a casa Aldo, che ormai si è trasferito a Roma da Vanda, e l’inevitabile conclusione è quella di ricorrere agli avvocati per regolarizzare la separazione. Passano gli anni e Vanda rimane fedele al suo tentativo di riportare a casa Aldo, che nel frattempo vede il suo rapporto con Livia entrare in crisi.
La storia raccontata da Daniele Luchetti è abbastanza comune, anche vista spesso al cinema. Nulla di nuovo, dunque, se non la particolare struttura che Luchetti costruisce intorno al film. Possiamo individuare tre parti ben distinte, la coppia da giovane, raccontata in un lungo flashback; la coppia al giorno d’oggi e infine l’episodio dedicato ai figli ormai grandi. Lo stesso montaggio varia tra flashback e flashforward, finendo per rendere poco identificabile quale sia il momento del racconto. Allo stesso tempo alcune scene vengono riproposte più volte per dare risalto al gioco dei ricordi che è uno dei punti cardine del film; lo stesso spettatore rivive più volte alcune situazioni, con occhi diversi e questo contribuisce ad empatizzare con la storia. Come detto sullo sfondo di una storia di famiglia fatta di non detti, rancori e segreti, emerge il rapporto coi ricordi, la memoria, che ognuno sviluppa a modo suo e che da un indirizzo alla propria vita. Tutti i protagonisti non hanno un buon rapporto con la memoria, con le storie vissute e mai veramente digerite e solo alcuni di loro riusciranno alla fine a dare un senso nuovo alle proprie esistenze, a trasformare i ricordi dolorosi in rabbia liberatoria. È soprattutto il caso dei due figli che in età ormai avanzata riusciranno a confidarsi e a dare sfogo, fisico, a tante emozioni repressioni represse nella vita.

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