Tomas è il pastore di un piccolo villaggio svedese. Vive ormai da tempo un periodo di profonda crisi, dopo la morte della moglie, avvenuta qualche anno prima, sente la lontananza da Dio e forse, pensa, era così anche prima. Non riesce a scuoterlo nemmeno l’amore di Marta, una giovane donna che da tempo tenta di costruire una relazione produttiva col pastore. Dopo la morte di Jonas, suicida vittima di depressione, la situazione di conflittualità si inasprisce.
Bergman nel film ritenuto più forte tra i tre sulla trilogia religiosa, conduce una fredda analisi sull’amore e sulla spiritualità. I protagonisti hanno perso il contatto con Dio, e hanno perso la capacità di sentire l’amore; per se stessi, prima di tutto, e di conseguenza per gli altri. In questa condizione diviene paradigmatica la crisi esistenziale che si manifesta nella perdita del sentimento religioso. Il film sembra chiedere se sia l’amore che consente l’approccio religioso o se è questo che rende possibile la capacità di amare. Anche l’ambiente sembra aver perso il calore degli affetti: austero, freddo, battuto dal vento e coperto dai suoni interminabili dei corsi d’acqua.
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