A Koker nel nord dell’Iran, una troupe cinematografica sta cercando degli attori per girare delle scene. In particolare servono un uomo e una donna, giovani, che dovranno interpretare una coppia di sposi. Ma i due ragazzi individuati hanno già una storia condivisa alle spalle: Hossein ha chiesto più volte la mano della ragazza, e la famiglia ha sempre rifiutato perché lo considera povero e ignorante. Questo complica molto la faccenda
Kiarostami torna sui luoghi dei suoi due precedenti film e chiude la cosiddetta Trilogia di Koker, mettendo in scena un episodio che aveva appena accennato durante il precedente “E la vita continua”. Recuperando in parte la dimensione narrativa continua ad alimentare la sua ricerca sullo sguardo, sul fuoricampo e naturalmente sulle difficoltà di comunicazione tra individui. Anticipa un tema che poi svilupperà più tardi in Copia Conforme, portando avanti un discorso tra realtà e finzione. La storia di due attori che devono interpretare una scena prende il sopravvento e il film diventa la storia dei due ragazzi e il film che devono girare è via via accantonato. Degno di nota il finale, sia per lo spettacolare campo lunghissimo sia per il segnale di speranza che porta.
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