Jean ha 17 anni, vive in una bellissima villa a Rio de Janeiro con genitori e sorella minore. È in un momento di transizione, sta per decidere cosa studierà all’università e si sente pronto per le prime vere esperienze sentimentale. Per una cosa è aiutato dai genitori, per l’altra dall’autista e dalla cameriera di casa che rappresentano per lui figure di riferimento importanti. Ma problemi finanziari costringono il papa di Jean a licenziare proprio queste due figure. Rimasto solo, il ragazzo entra in un conflitto profondo con il resto della famiglia e cerca di trovare un nuovo equilibrio.
Il film di Fellipe Barbosa è un interessante spaccato sulle contraddizioni della società brasiliana, dove ricchi e poveri, ville e favelas, bianchi e neri convivono a distanze ravvicinata senza mai trovare una vera integrazione. È dunque un film politico, con momenti esplicitamente dedicati a discussioni su temi legati proprio alla necessità di integrazione, ed è soprattutto un film di formazione. Se da una parte Barbosa ci dice che è necessario poter fare esperienza di vita reale e che questa si trova sicuramente nei bassifondi di Rio de Janeiro, dove le persone che vivono lottando ogni giorno sono capaci di maggior empatia, dall’altra più semplicemente lascia intendere che quello che fa bene alla crescita è dove ci si sente accolti. Ed è questo certamente il punto più importante della storia narrata, che prescinde dal tema povero/ricco a volte forse fin troppo banale.
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Stefano Capasso