Persona di Ingmar Bergman
la relazione con l'altro come relazione con se stessi

Elisabeth è una famosa attrice di teatro ricoverata in una clinica perché preda di un incomprensibile mutismo. Durante la rappresentazione di Elettra aveva avuto un  momento di esitazione e da quel momento, da circa tre mesi, non aveva più profferito parola. Dai controlli medici non risulta nessun tipo di patologia e allora la direttrice dell’ospedale decide di assegnare la giovane infermiera Alma alle cure dell’attrice. Propone loro di passare del tempo nella sua casa al mare dove grazie al clima sano spera che qualcosa posa cambiare. Dopo un inizio positivo la relazione tra le due donne comincia a trasformarsi in un crescendo di tensione drammatica.

Grandissimo lavoro di Ingmar Bergman che usa tutto il suo talento in questo film che è capace di trasmettere forti emozioni e induce a grandi riflessioni. E’ un film che personalmente sento di comprendere nel profondo accettando incondizionatamente la proposta di una narrazione fisica ed emotiva, quindi lasciando da parte tentativi di comprensione che inevitabilmente rendono molto più complessa la fruizione. Persona è uno dei primi film del cinema moderno che volontariamente cerca di disintegrare le regole della narrazione, gli stereotipi legati ai personaggi e alla forma espressiva. Ogni cosa è messa in discussione a cominciare dall’irruzione della macchina da presa stessa in un momento delle riprese del film. Bergman descrive la relazione, la relazione con l’altro che diventa inevitabilmente la relazione con se stessi. Dalla conoscenza iniziale allo stato di fusione indefinita nasce un conflitto che porta alla separazione e forse alla possibilità di riappropriarsi della propria identità. Il lavoro magnifico delle luci che costantemente individuano una zona chiara ed una scura, specialmente sul volto dei personaggi, ricreando le maschere del clown bianco e del clown nero, sottolinea la doppiezza dell’essere umano e la conseguente impossibilità di darne una definizione

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